Rapporti con collaboratori e dipendenti

 La scorsa primavera partecipai a un webinar tenuto dal mio ordine che presentava come argomento il Work Fair, nello specifico le tipologie di contratto che un professionista dovrebbe redigere al fine di tutelarsi e tutelare il proprio cliente. La cosa mi è sembrata subito interessante, poiché mi riguardava in prima persona.

Dopo una esaustiva lezione di due avvocati, specializzati per l’appunto in leggi sul tema dei contratti, è venuto il momento delle domande nonché commenti, dei partecipanti. Subito è emerso il tema delle cosiddette “finte partite iva” e dei contratti da “strozzini” (passatemi il termine) che propinano i Datori di Lavoro.

E voi vi domanderete: ma cosa c’entra?

Per chi non fosse del mestiere, quasi se non tutti gli architetti presenti su territorio nazionale ha la partita iva. Ma secondo voi tutti questi professionisti sono realmente Liberi Professionisti? Ovvio che no. La stragrande maggioranza altro non è che un “dipendente” di studi professionali che lo vincolano ad essere un subordinato, con l’agevolazione di non dovergli versare i contributi previdenziali. Ecco perché le “finte partite iva”. Il tema dei contratti ha aperto un tema scottante e fastidioso per chi è titolare di studi professionali. E soprattutto ha cercato di smuovere l’Ordine Nazionale affinchè potessero porre maggiore attenzione dal punto di vista delle sanzioni deontologiche, nonché fiscali.

Avere una partita iva vuol dire non essere subordinato a nessun datore di lavoro. La collaborazione deve essere alla pari. Trovare studi, che ti consentano di avere più collaborazioni è sempre più difficile. Io stessa mi sono travata più volte a dover rinunciare a collaborare con studi, perché questi pretendevano la mia presenza in ufficio 5 giorni alla settimana per 8 ore con un compenso di 7€/h, nonostante gli anni di attività professionale. Deontologicamente e fiscalmente questo non potrebbe essere possibile. Ma sia uno che l’altro fanno sempre l’occhiolino a quello che realmente dovrebbe essere applicato per Legge.

Il web è pieno di articoli che trattano questo tema. 

Recentemente, più precisamente ieri 2 dicembre 2024 è stato pubblicato l’aggiornamento del codice deontologico, revisionato per l’appunto a seguito del webinar citato sopra. Questo ha portato a una modifica in particolare del cod. 21 dedicato al tema dei “Rapporti con collaboratori e dipendenti”, ma qualcosa è realmente cambiato? 

Dal punto di vista delle sanzioni sono state inasprite le penali, ma trattandosi di deontologia, in parole povere di morale, quello che l’ordine chiede è il reciproco rispetto tra collaboratori, dipendenti e datori di lavoro, ma quello che c’è da chiedersi è: ci sarà mai un reale cambiamento fiscale?

Forse, si dovrebbe fare tutti un passo indietro e rendersi conto che se un professionista vuole avere un solo datore di lavoro fino all'età della pensione, il cosiddetto "posto fisso", deve sentirsi legittimato a farsi riconoscere il contratto da dipendente e tutto quello che esso comporta (ferie, malattie pagate ecc.). Se invece il professionista desidera ampliare il proprio campo di lavoro e lavorare su più commesse, e quindi prevedere l'uso della partita iva, così come è stata concepita fiscalmente, gli deve essere consentito. Ma finchè perdurerà questa condizione, che affonda profonde radici nel nostro pensare comune, dove si accettano le cose così come sono, perché è sempre stato così, non fonderemo mai un nuovo regime lavorativo.

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